Davide Rondoni ospite d’onore alla notte nazionale del liceo classico

Studenti ed insegnanti con entusiasmo hanno alimentato il diffuso clima di gioiosa festa e di allegra creatività che dopo la sospensione degli scorsi anni, dettata dal forzato distanziamento sociale, hanno animato aule e spazi comuni del liceo “G. Leopardi” in occasione della notte nazionale del liceo classico.

Ospite d’onore della serata, Davide Rondoni, poeta e scrittore, ha vinto i maggiori premi di poesia in Italia; tradotto in vari paesi del mondo in volume e rivista, collabora a programmi di poesia in radio e tv oltre che alla scrittura di film e, come editorialista, ad alcuni quotidiani; ha fondato il centro di poesia contemporanea dell’università di Bologna e la rivista «clandestino».

intervento

L’autore, accompagnato e presentato dalla dott.ssa Francesca Rossi Bollettini, è stato raggiunto nel corso della serata da alcuni amici.

A seguito del saluto ai presenti, assieme al dirigente scolastico, prof. Maurilio Piergallini, ed alla coordinatrice della serata, prof.ssa Alessia Giorgi, l’ospite ha trascorso un paio di ore con i ragazzi delle classi seconde impegnati ad illustrare le loro attività laboratoriali di lettura di testi poetici legati al tema della serata, la pace–eἰρήνη, declinata in molteplici aspetti.

Ad introdurre le loro attività i ragazzi hanno usato proprio quelle del poeta: “la guerra scompone, disarticola, crea decomposizione.

L’arte invece compone, e per quanto confusamente, pur prendendo risorse da scomposte immaginazioni, da ferite e lacerazioni, tende a unire.

Arte e guerra sono perciò diametralmente opposte.

Il che non significa meccanica alternativa: dove c’è la guerra spesso fiorisce l’arte, e non di rado impeti di guerra sono accompagnati da azioni artistiche, in nuovi e antichi imperi.

Ma ora, in un tempo dove matura un ripudio della guerra, se pur con troppe eccezioni, il binomio guerra e arte si pone in tensione dialettica nuova.

L’arte oggi non può che essere per la pace”.

Davide Rondoni coglie sempre con senso di viva partecipazione umana ed intellettuale le occasioni di ‘contatto’ con il complesso mondo dei ragazzi e della scuola, ribadendo più volte nei suoi interventi, lui che ha scelto di non essere un docente, che “da anni diciamo, gridiamo in ogni modo che in Italia c’è una emergenza educativa”.

Non ha evitato di sottolineare anche in questa occasione che “la scuola ha subìto il paradigma dell’encyclopedie” e che l’intero sistema scolastico ha preso corpo su questa base.

Ha spiegato che un secolare paradigma fissa la cultura come esito del possesso di una più o meno vasta enciclopedia, che è quindi applicata come ideologia dell’istruzione pubblica.

Un giovane istruito e colto–secondo tale paradigma–deve possedere un sapere tendenzialmente enciclopedico e lo stato deve fornirglielo attraverso funzionari preposti.

Tale paradigma, con la presunzione di sistematizzare il sapere umano, ha fatto da modello per secoli all’idea stessa di cultura e di istruzione.

Così, ovviamente, la scuola è declinata sempre più da attività educativa ad attività istruttiva–ma di fatto educativa non dichiarata.

 La presunzione di tale metodo è che solo in tal modo si edifichi un maggior senso critico dinanzi alla vita e alla società, facendo risiedere l’acquisto di senso critico nell’acquisizione di nozioni e di saperi.

Tuttavia, secondo quanto ha ribadito, il fallimento di tale impostazione è sotto gli occhi di tutti ma dinanzi a tutto questo “invece di cercare altre strade, si preferisce un’attività di continua riforma-nonriforma, correttivi secondari, aggiunte, burocratizzazione, patetiche immissioni o iniezioni di cura di soft o character skills, laboratori, etc.”

Occorrerebbe invertire rotta.

Secondo quanto ha sottolineato, una potente indicazione di metodo educativo e formativo deriverebbe proprio dalla parabola dei talenti contenuta nel vangelo di Matteo, che indica un metodo di educazione e formazione della persona radicalmente alternativo.

Non a caso i talent show (al di là dell’aspetto di entertainment in cui tale parabola è stata ridotta) hanno attirato l’attenzione dei giovani.

In quella parabola, valida ben al di là delle questioni di fede, si invita a scoprire di quale talento si è dotati (non quale si immagina di avere, ma quello ricevuto), si invita a metterlo in gioco e si ammonisce chi non lo fa promettendo l’inferno, cioè, laicamente, promettendo a chi accetta di vivere per motivi di comodo o di tornaconto senza offrire il proprio talento alla società, di incorrere nel guaio (peggio che infernale) di accorgersi troppo tardi di aver vissuto, ma non la propria vita.

Chi non gioca il proprio talento rischia l’inferno di vivere la vita di un altro e non la propria.

Vogliamo una scuola dei talenti, non una scuola che indifferente al talento personale livelli una presunta formazione con una enciclopedia che obbliga i ragazzi a essere tutti uguali e ad aver la “sufficienza”.

Davide Rondoni ha dunque argomentato che il problema maggiore dei ragazzi è rappresentato dagli adulti!

Quanti sono intervenuti, numerosi, hanno apprezzato le energiche parole dell’autore e molti si sono fermati a dialogare con lui prima di riversarsi lungo i corridoi gremiti di giovani studenti alle prese con il desiderio di mostrare i propri ‘talenti’.

La serata è proseguita fino alla mezzanotte concludendosi in palestra con le anteprime degli spettacoli del laborato di teatro, performance di gruppi musicali e la lettura del brano conclusivo tratto dalle “argonautiche” di Apollonio Rodio: il sogno di medea.